“Eredità colpevole” di Diego Zandel: “Il Giorno del Ricordo è la celebrazione di una pagina di storia nazionale, e non di una qualche parte politica”. Intervista all’Autore

Diego Zandel

Intervista all’Autore di

Eredità colpevole

Il Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo giuliano-dalmata è la celebrazione di una pagina di storia nazionale, e non di una qualche parte politica.

di Giuseppe Iannozzi

Eredità colpevole - Diego Zandel - Voland

1. Diego Zandel, “Eredità colpevole” (Voland Edizioni) è il tuo ultimo lavoro pubblicato, un romanzo che vede protagonista Guido Lednaz, giornalista e scrittore. In Lednaz, figlio di profughi fiumani, c’è molto del tuo vissuto, è evidente.

Certamente. Non a caso il cognome del protagonista, io narrante della storia, è palindrono del mio. Non è la prima volta che lo uso: c’è anche ne “I confini dell’odio” e nel prossimo che sto scrivendo ispirato all’acquisto, quasi trent’anni fa ormai, di Telekom Serbia da parte degli italiani.

Diego Zandel

2. Il criminale di guerra titino Josip Strčić (personaggio liberamente ispirato a Oskar Piškulić, capo della polizia di Tito, autore degli eccidi nelle foibe) viene processato in Italia e assolto a causa di un difetto di giurisdizione. Una volta emessa la sentenza di assoluzione, il giudice La Spina viene freddato a colpi di pistola; l’attentato viene rivendicato da un sedicente gruppo di estrema destra che si firma Falange Nera. Diego Zandel, “Eredità colpevole” è un giallo che condanna fortemente il fascismo, evidenziando che gli esuli e i loro figli non devono essere strumentalizzati dalle forze politiche, siano esse di destra siano esse di sinistra.

Credo che solo se si capisce che il Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo giuliano-dalmata, ancora troppe volte criticato, dal momento della sua istituzione nel 2004, è la celebrazione di una pagina di storia nazionale, e non di una qualche parte politica: sfugge, infatti, a non pochi polemisti e commentatori che la cessione alla ex Jugoslavia di gran parte della regione Venezia Giulia, a esclusione di Trieste e di una piccola parte della sua originaria provincia, è stato il tributo che l’Italia ha dovuto pagare per una guerra persa da tutti gli italiani, visto che le nostre forze armate erano composte da militari provenienti dalle più disparate regioni, dalla Sicilia al Piemonte. Così come gli istriani, fiumani e dalmati, vivendo sulla linea di confine, sono state le prime e uniche vittime sacrificali delle colpe compiute dall’esercito italiano in Slovenia e nei territori dell’ex Regno di Jugoslavia, esercito comandato da generali come il modenese Roatta e il romano Pirzio Biroli. Per vendicarsi, gli uomini di Tito non sono venuti fino a Bari o a Palermo, a Napoli o a Firenze, a Roma o a Milano o Torino. No, si sono fermati a Fiume e a Trieste e hanno fatto strame non solo dei nemici, ma anche di tutti coloro, partigiani e antifascisti innanzi tutto, che si opponevano all’annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia. E tutto ciò anche con la complicità ben testimoniata da tanti documenti e azioni del Partito Comunista ItalianoGli eventi successivi, ovvero l’effettiva annessione ad essa di gran parte della Venezia Giulia in seguito al Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, avrebbero travolto quel mondo abitato da persone appartenenti a etnie diverse, italiani, croati e sloveni, abituate da secoli a convivere in pace insieme, realtà testimoniate dall’ampia presenza sul territorio di famiglie miste: io stesso sono di famiglia italo-croata. Un equilibrio – anche questo non va assolutamente dimenticato – la cui rottura va imputata inizialmente al fascismo e alle sue leggi liberticide, come la chiusura delle scuole di lingua croata e slovena, il divieto di parlare croato o sloveno nei luoghi pubblici, l’italianizzazione forzata dei cognomi. Una rottura che il regime di Tito, poi, seppur all’insegna di facciata dello slogan “Fratellanza e unità”, ha perpetuato con il determinato intento di ridurre, fino a sfiorare la pulizia etnica, la presenza italiana in Istria e a Fiume, così da costringere la stragrande maggioranza della stessa a lasciare la propria terra, la propria casa, il proprio lavoro, la famiglia, le tombe dei propri cari. I quali, raggiunta la madre patria Italia, hanno dovuto subire l’onta della propaganda: da una parte di coloro, all’estrema sinistra, che li definiva fascisti, dall’altra, all’estrema destra, che strumentalizzava, in chiave anticomunista, la loro tragedia, così avvalorando ingiustamente il profilo politico di un popolo che, nella realtà, non era dissimile al resto d’Italia. E che ad essa, a questo Paese, anzi, ha dato qualcosa di più, soprattutto i tanti, tantissimi, che nonostante abbiano combattuto per liberare la loro terra dal nazifascismo, sono stati costretti a lasciare quella stessa terra. Perché la “Fratellanza e unità” di Tito era solo un imbroglio, un paravento dietro il quale si celavano le sue mire annessionistiche.

3. Alcuni personaggi presenti in “Eredità colpevole” non sono affatto convinti che in Italia sia possibile ottenere giustizia per gli infoibati e gli esuli (Istriani, Fiumani e Dalmati), ritengono infatti che il sistema giudiziario italiano sia corrotto e nelle mani della sinistra italiana. Lednaz non nasconde le sue simpatie nei confronti della sinistra, e più volte batte il tasto che lui crede nella democrazia e non nella violenza.

Non credo sia questione di destra o di sinistra. Quello che ho cercato di far emergere nel romanzo è che gli esuli giuliano-dalmati non possono essere considerati tutti dei fascisti perché fuggiti dal paradiso socialista titino, ma, come ho detto più sopra, tra essi c’erano molti antifascisti che, durante la guerra hanno combattuto contro i nazifascisti per liberare la loro terra da questi, non per poi cederla alla Jugoslavia. Mio padre stesso, giovanissimo, è stato partigiano nella XXa Divisione della 4a Armata, ma a un certo momento, dopo aver assistito a colpi alla nuca e a impiccagioni e sparizioni di persone innocenti, ha disertato quando, tra queste, ha visto il suo amico istriano, Belletti, partigiano con lui, essere ucciso dagli stessi partigiani. Allora  ha capito quali erano le loro vere mire. Ma potrei portare molti esempio: il fiumano Leo Valiani, l’autonomista Riccardo Zanella, che scelse di andare a combattere tra i maquis in Francia, l’anarchico Nicolò Turcinovich che, tornato in Istria dopo essere stato internato a Ventotene, rischiò di essere ucciso da titini, e andò a combattere in Liguria dove visse il resto della sua vita, tutto il CLN triestino, dal quale il PCI si cavò fuori per volontà del PC Sloveno, come bene raccontò Quarantotti Gambini nel suo “Primavera a Trieste” sui 40 giorni di occupazione titina del capoluogo giuliano. Emblematica, in questo senso, la strage del 7 febbraio 1945, quando una formazione di gappisti comunisti italiani uccisero, presso le malghe di Porzüs, 21 partigiani della Divisione Osoppo, di tendenza azionista e cattolica (tra i morti ammazzati Francesco De Gregori, zio del cantautore, e Guido Pasolini, fratello di Pier Paolo), i quali combattevano contro i nazifascisti, non certo per consegnare quei territori alla Jugoslavia. In questo quadro, c’è sinistra e sinistra. Ricordo che Togliatti diede del fascista pure a Rosselli. E, purtroppo, una tale mentalità, a certi livelli,  sopravvive anche oggi: o stai con me o sei fascista. Una pena.

4. La Seconda guerra mondiale ha prodotto ferite che non guariranno mai. Leggendo “Eredità colpevole” emerge una verità che è anche una necessità, quella di non dimenticare. Si può dire che solo tenendo viva la memoria è possibile essere vigili, affinché non si operino revisionismi di parte?

Io, da quando ho scritto il mio primo romanzo “Massacro per un presidente”, non faccio che tener viva questa memoria. Tanto da non cadere nell’errore di perpetuare l’ostilità nei confronti dei croati e degli sloveni, ma anzi di cogliere gli elementi che ci hanno accomunato per tanti anni sulla nostra terra comune. Parlo naturalmente degli istroitaliani, istrocroati e istrosloveni. Non a caso, ho strettamente collaborato con grande amicizia con due ambasciatori croati, l’istriano Drago Kraljević e il fiumano Damir Grubiša nella prospettiva comune di superare le ferite che i totalitarismi hanno lasciato nei nostri territori.

5. Guido Lednaz è un uomo integerrimo che non si lascia sedurre da certi facili sillogismi, pensa con la sua propria testa, consapevole che la Storia ha tante sfumature e che bisogna considerarle in una prospettiva ragionevolmente critica, evitando di lasciarsi sopraffare dal dolore.

Sono un libertario, cultore della libertà individuale, che fin da ragazzo ha cercato di pensare con la propria testa, cercando di evitare di sottoporla a quei lavaggi a cui molti tendono preferendo schemi di pensiero che corrispondono a precise ideologie. Per questo guardo con sospetto a chi cede il possesso di se stesso, delle proprie idee, del proprio sentire aderendo a parole d’ordine quando non addirittura dogmi dettate da enti superiori quali sono lo Stato o la Chiesa, a qualsiasi confessione appartenga, o movimenti di tipo woke, i cui gruppi di potere tendono, il più delle volte ricorrendo alla paura, a invadere la sfera del privato,  imponendoti il loro credo su ciò che è giusto o sbagliato, buono o cattivo. In poche parole a spingerti al conformismo. Un pericolo che  si sta allargando sempre più e la cui deriva totalitaria sta condizionando paurosamente anche le società liberali.

Diego Zandel

6. Diego Zandel, “Eredità colpevole” è per certi versi una ideale continuazione di quel lungo, complicato e doloroso discorso che è ne “I confini dell’odio” (prima edizione: 2002, Nino Aragno Editore; ristampa: 2022, Gammarò Edizioni)?

Direi un’ideale continuazione di quel lungo complicato e doloroso discorso cominciato nel 1981 con il mio primo romanzo, “Massacro per un presidente”, poi continuato con “Una storia istriana” e, dopo il divertissement di “Crociera pericolosa” e “Operazione Venere”, ripreso con “I confini dell’odio” e i successivi fino a “Eredità colpevole”. Tutti romanzi all’insegna della storia più vicina al mio mondo famigliare.

7. È solo una mia idea, probabilmente sbagliata ab imis: avendo dato alle stampe un romanzo forte ed esplicito come “Eredità colpevole”, temo che tu possa attirarti delle antipatie!

Vedremo. Per ora, ho avuto solo parole di elogio per il mio equilibrio, che poi è solo capire le ragioni dell’altro, seppur senza abdicare alle mie. Rispetto la memoria altrui.

8. Come è nato “Eredità colpevole”? Oltre alla tua esperienza personale, hai preso in considerazione quella di altri esuli o figli di esuli?

È nato vent’anni fa quando l’amico Giancarlo De Cataldo,  l’autore di “Romanzo criminale” ed altri bei noir, che era stato giudice a latere del processo a Oskar Piskulic, il capo dell’Ozna di Fiume, imputato di omicidio continuato e aggravato, mi ha mandato la sentenza emessa dalla corte di assise di Roma, di cui faceva parte, chiedendomi, come fiumano, un mio commento. “Eredità colpevole” può essere considerato la mia risposta.

Diego Zandel

9. Ci sono dei ringraziamenti da fare? Diego Zandel, immagino sia stato abbastanza difficile scrivere questo romanzo, che non è sicuramente un giallo canonico.

I nomi delle persone che hanno contribuito nelle mie ricerche sono tutti alla fine del romanzo. Ovviamente in primis Giancarlo De Cataldo che è stato il primo a leggere il romanzo ancora nella sua prima stesura.

Diego Znadel su Wikipedia:

https://it.wikipedia.org/wiki/Diego_Zandel

Diego Zandel

Diego Zandel – Figlio di esuli fiumani, è nato nel campo profughi di Servigliano nel 1948. Ha all’attivo una ventina di romanzi, tra i quali Massacro per un presidente (Mondadori 1981), Una storia istriana (Rusconi 1987), I confini dell’odio (Aragno 2002, Gammarò 2022), Il fratello greco (Hacca 2010), I testimoni muti (Mursia 2011). Esperto di Balcani, è anche uno degli autori del docufilm Hotel Sarajevo, prodotto da Clipper Media e Rai Cinema (2022).

Eredità colpevoleDiego ZandelVoland – Collana: Intrecci – Prima edizione: febbraio 2023 – Pagine: 256 – ISBN: 9788862435161 – Prezzo di copertina: € 19,00

Informazioni su Iannozzi Giuseppe

Iannozzi Giuseppe - giornalista, scrittore, critico letterario - racconti, poesie, recensioni, servizi editoriali. PUBBLICAZIONI; Il male peggiore. (Edizioni Il Foglio, 2017) Donne e parole (Edizioni il Foglio, 2017) Bukowski, racconta (Edizioni il Foglio, 2016) La lebbra (Edizioni Il Foglio, 2014) La cattiva strada (Cicorivolta, 2014) L'ultimo segreto di Nietzsche (Cicorivolta, 2013) Angeli caduti (Cicorivolta, 2012)
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